I due giorni di terremoto del calcio mondiale

Dopo il silenzio assordante degli ultimi giorni ho deciso di tornare a scrivervi, a cominciare da questo lungo editoriale che -francamente- avrei preferito volentieri non sottoporre a nessuno, ma tant’è. Ci siamo presi del tempo per assimilare e metabolizzare il tutto, raccogliendo le notizie per voi e fornendovi il nostro punto di vista in cerca di un confronto costruttivo.

Vi è capitato mai di andare a dormire e poi di svegliarvi bruscamente dal vostro letto, nel cuore della notte, perché svegliati da una scossa di terremoto? Anche se non aveste mai provato sensazioni come questa in vita vostra, è così che mi sono sentito da tifoso (come molti altri) nella notte tra il 18 e il 19 aprile 2021. La notte che avrebbe dovuto cambiare il calcio per sempre (e che potremmo rivivere presto…).

La rifondazione

Una notte insonne per alcuni, un risveglio traumatico per altri… Un sogno (bello o brutto che sia) forse destinato a diventare realtà, ma certamente non oggi. In tarda serata e senza nessun preavviso il golpe alla Uefa da parte dei 12 club dissidenti. La nascita della nuova Super League europea, un torneo destinato a soppiantare tutti gli altri sotto ogni punto di vista.

Dapprima l’incredulità generale, ma è tutto vero e confermato dai comunicati ufficiali. Si tratta della più grande stangata di sempre nei confronti dell’Uefa: una notizia che sa tanto di dichiarazione di guerra all’indirizzo del massimo organo sportivo continentale e che, per ora, è rimasto solamente un colpo sparato a salve.

Dodici club “fondatori” (Juventus, Milan, Inter, Real Madrid, Atletico Madrid, Barcellona, Chelsea, Manchester United, Liverpool, Arsenal, City e Tottenham) per un torneo che può includere fino a 20 partecipanti. Si punta a raggiungere quota 15 club che, in virtù di fondatori, avrebbero l’accesso garantito ogni anno, mentre le restanti cinque (al di fuori di questa cerchia ristretta) dovrebbero qualificarsi sul campo per meriti sportivi.

Si giocherebbe già in agosto e nel mezzo della settimana: una prima fase a gironi da 10 squadre con classifica a tre punti, una finale con le “top 4” impegnate in scontri diretti a eliminazione. Garantiti introiti spropositati: 350 milioni di euro solo per l’iscrizione senza contare i 3,5 miliardi di euro che verranno suddivisi tra le concorrenti e destinati alle infrastrutture.

C’era d’aspettarselo che la reazione fosse durissima: Ceferin minaccia l’esclusione da tutti i campionati nazionali con conseguente non assegnazione dei titoli, oltre al divieto di convocazione per tutti i tesserati delle squadre partecipanti. Nella notte solo un comunicato: ogni decisione è rinviata al giorno seguente, quando si terrà una riunione coi club -si legge- all’insegna del dialogo. Ma l’aria che si respira sa di rappresaglia…

L’insurrezione popolare

Quello che sorprende alla lettura dei comunicati è il tempismo con il quale sono stati pubblicati, a stagione ancora in pieno svolgimento e all’oscuro di moltissimi addetti ai lavori. Anche sul sito ufficiale https://thesuperleague.it si legge di alcuni aspetti poco chiari e ancora da definire con la stessa Uefa, in primis la partecipazione ai campionati domestici delle 12 “sorelle”, per non parlare della pubblicazione dei fondi e pagamenti solidali all’insegna della trasparenza, che rimette in discussione i nodi -appena sciolti- dei diritti televisivi.

Forte dell’enormità di pubblico che si trascinerebbe dietro questa élite del calcio (circa il 70% del tifo mondiale) il colpo è durissimo e la sensazione è che i club abbiano il coltello dalla parte del manico. Ma sono ancora troppi gli aspetti che fanno storcere il naso.

Il più discutibile, quello meramente sportivo e della meritocrazia: non ci sarebbero più i traguardi sportivi di una qualificazione ottenuta con i sacrifici del campo. Non ci sarebbero più le favole, i Davide che battono i Golia, tutto ciò che abbiamo imparato ad amare nelle generazioni precedenti, che non rispondono più alle leggi di domande e offerta e i criteri di un mercato costantemente alla ricerca di nuovi target.

L’altro è quello finanziario, che inevitabilmente colpisce la politica e riguarda anche i non appassionati. La pandemia ha colpito duramente qualsiasi club, ma alcuni devono reggere oneri più pesanti di altri (non è un caso che i club più ricchi siano al contempo quelli più indebitati).

Infine -non meno importante- l’utenza finale, i tifosi. Si abitueranno a tutto questo? Accetteranno il rincaro di biglietti e abbonamenti? E come reagiranno i distributori televisivi (Sky e DAZN) che hanno speso una fortuna per accaparrarsi dei diritti in pacchetti che rischiano seriamente di perdere appeal, perché depotenziati e relegati allo status di campionati “minori”?

UNA BOLLA SCOPPIATA DA TEMPO- All’indomani del grande caos le prime dichiarazioni dai vertici della Fifa: “La SuperLega va contro tutti i principi di solidarietà, inclusività, integrità ed equa distribuzione finanziaria. La FIFA non può che esprimere la sua disapprovazione, ma invita tutte le parti coinvolte a impegnarsi in un dialogo calmo, costruttivo ed equilibrato”. Niente di più lontano dallo scontro verbale dei giorni scorsi tra il chairman Uefa Ceferin e i presidenti Agnelli e Florentino Perez, che lasciano presagire scenari di cause legali.

La giornata del 19 aprile si apre proprio con il presidente della Juventus che rassegna le dimissioni dal vertice ECA (l’associazione europea dei club affiliata con la Uefa), il tutto all’oscuro del “nemico” -stando alle dichiarazioni di Aleksander Ceferin- che sostiene addirittura di essere stato raggirato e mai più ricontattato dopo questi sviluppi. “Sabato ho guidato 8 ore per andare in Svizzera” racconta il presidente della Uefa. “Ho preparato il discorso sulle riforme ed era previsto un ringraziamento per Agnelli. Invece mi ha mentito per tutto il tempo. Mi diceva “tutto falso, tutto falso“. E alla fine ho dovuto raccontare cosa fosse successo…“.

In conferenza stampa Ceferin ha ribadito di come la maggioranza delle colpe sia da attribuire a 3 club (riferendosi a Real Madrid, Juventus e Barcellona) ma anche gli altri pagheranno le conseguenze; il numero uno della Uefa ammette anche di come ci sia stata una chiara differenza tra le 6 inglesi e le altre: “Le inglesi hanno ammesso l’errore, ci vuole una certa grandezza per farlo…”.

Circa 72 ore più tardi verrà nominato il patron del PSG Nasser Al-Khelaifi come nuovo presidente ECA, esterno al progetto SuperLega e schierato ufficialmente dalla parte dei “conservatori” della Uefa. Nel frattempo anche i club di Serie A si ribellano, scrivendo una lettera indirizzata alla Lega in cui vengono chieste sanzioni alle tre fondatrici, e intanto spopola anche l’hashtag #CeferinOut…

LA SUPERLEGA SI SFALDA- Prima dei fatti più recenti, a sole 48 ore dalla sua nascita, la SuperLega incassa il suo primo no. Il Chelsea è la prima delle sei inglesi ad abbandonare il progetto e tornare sui suoi passi dopo aver inizialmente accolto l’invito. Farà da apripista per le sue connazionali, dando il via a una sorta di ammutinamento. Non tanto per merito delle rivolte da parte dei tifosi che si sono riversati per strada, quanto per via della Uefa stessa che ha ceduto al ricatto politico promettendo più soldi a tutti.

La SuperLega crolla su sé stessa ed è ufficialmente sospesa (anche se non cancellata definitivamente). Vale a dire che il discorso è solamente rimandato di qualche mese, e che di notizie in tal senso ne usciranno di settimana in settimana, con Perez e Agnelli che giocheranno ogni carta a loro disposizione.

La morte del calcio (?)

Ed ecco tutti quanti pronti a sentenziare con fiumi di frasi retoriche del tipo “È la morte del calcio romantico”, quasi fossimo dinanzi a un nuovo anno zero del pallone. Sembra quasi la scoperta dell’acqua calda… Il mio punto di vista (che cercherò di esporvi nel modo più scevro possibile da ogni retorica) è un altro. Vi ricordate la storiella del gatto di Schrödinger? Non potrai mai sapere se il gattino è vivo o morto fino a quando non decidi di aprire la scatola. Anche se qui sembra di scoperchiare il vaso di Pandora.

Trovo che il calcio romantico sia scomparso dai radar almeno una sessantina di anni fa, in contemporanea con il boom economico, mentre il calcio-business odierno sia sempre stato in mano ai ricchi e mai appartenuto ai tifosi risparmiatori.

Abbiamo solo fatto finta di non avvertire il fetore cadaverico di un calcio in putrefazione da più di 30 anni, sporcato da decenni di scandali e di modelli anti-meritocratici nel totale consenso di club e giocatori che hanno perpetrato il sistema e oggi fanno la morale (da che pulpito?). Non lo scopriamo certo oggi: eppure continuiamo a stupirci tra regolamenti stravolti di continuo e una VAR depotenziata, protocolli violati, un FFP rigido solo per alcune leghe o club (vedi gli affari Mbappè-Neymar costati oltre 400 milioni complessivi), e mazzette in cambio di appalti milionari in vista dei prossimi mondiali.

E allora ben venga la SuperLega? Non necessariamente. Noi tifosi siamo al di fuori di questa meccanica, possiamo solo fare quello che abbiamo sempre fatto, ovvero renderci spettatori passivi. Potremmo manifestare, certo, ma dubito cambierebbe le cose. Trovo inevitabile che in un dato momento storico la Uefa sia stata messa alle corde dagli stessi club, e ora noi “innamorati” del pallone ne paghiamo il dazio.

Sarà una ventata d’aria fresca? Il cambiamento di cui sentivamo il bisogno? Io credo che la SuperLega non sia la soluzione definitiva al problema, né la panacea di tutti i mali delle big europee, ma forse era l’unico modo per trattare con le alte sfere da una posizione favorevole. Non trovo auspicabile un modello in stile NBA (che, comunque si scelga di vederla, di NBA non ha nulla) e finirebbe solo per creare uno sport a sé con disparità ancora più evidenti, quasi a voler snobbare un calcio di provincia che merita di avere la sua chance.

Sono dalla parte di una riforma, fatta bene e che non stravolga le regole fondamentali cadendo nel contraddittorio. Sono dalla parte dello sport nella sua accezione più pura, e non per un’oligarchia o una dittatura.

DOBBIAMO APRIRE GLI OCCHI- Chiudo con un mio pensiero: a me le parole “calcio romantico” non danno alcun fastidio. Ci tenevo a dirlo, dopo aver scorto una miriade di commenti eccessivamente critici verso chi ancora sogna.

Ho scritto anch’io di come tutti noi dovremmo svegliarci e capire quanto questo mondo sia cambiato radicalmente. Un cambiamento (in peggio, dal mio punto di vista) che arriva da lontano e non mi permette più di vivere lo sport come mi accadeva da bambino.

Per lo stesso motivo ho quasi pensato di mollare tutto e abbandonare una passione nella quale non mi riconoscevo più. Ed è proprio per questo motivo che non mi sento di rimproverare, anzi, chiedo rispetto verso coloro che vogliono pensarla in questo modo. Perché dire che “il calcio appartiene ai tifosi” non sarà mai e poi mai un’affermazione sbagliata. Il problema se vogliamo (e qui divento banale) è un altro, che il mondo in cui viviamo non è un’utopia e mai lo sarà…

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