La prima Conference League della storia è della Roma: Mourinho riporta un trionfo europeo che nella Capitale mancava dal ’61

Come predicato da Josè Mourinho nei giorni antecedenti alla finale, il tifo romanista non ha soltanto assistito (chi dall’Olimpico di fronte ai maxischermi, chi fra gli spalti di Tirana) alla finale di Conference League, ma l’ha anche giocata. La Roma l’ha vinta, sospinta da tanti fattori diversi: il primo, quello del campo e del dodicesimo uomo, il secondo (non meno importante) dato dall’esperienza dello Special One in tema di finali europee.

Mou l’ha vinta alla stessa maniera delle precedenti quattro (sulle panchine di Porto, Chelsea, Inter e Manchester United). L’ha fatto sapendo mantenere i suoi sempre sul pezzo, a fronte di statistiche contrastanti sul numero di tiri in porta, passaggi e precisione generale; perché le finali non devono per forza essere giocate, ma devono essere vinte.

Un cliente scomodo

Una prima parte di finale decisamente brutta e poco avvincente, ma cresciuta tantissimo in un finale di gara incandescente. Il Feyenoord gioca un buon calcio, costruisce, spreca e a tratti organizza un vero e proprio assedio. La Roma è brava a sfruttare l’occasione più ghiotta di tutte e nel blindare la porta difesa da Rui Patricio: gran parte del merito va anche a Zaniolo che ci mette molto del suo repertorio nel gol vittoria.

La rete decisiva è raccolta al minuto 31′ in un fazzoletto di terra dal centrocampista, che di forza e insistenza anticipa l’uscita del portiere toccando il pallone con la punta dello scarpino sinistro. La Roma riesce a chiudere in vantaggio un primo tempo che, sin dalle prime battute, non si era messo bene dopo il forfait di Mkhitaryan, costretto a lasciare il posto a Sergio Oliveira.

LE SUPER PARATE DI RUI PATRICIO- La ripresa è ad appannaggio della formazione di Rotterdam, guidata dal tecnico Slot. Al 48′ brividi di paura a seguito della doppia occasione mancata da Trauner e Geertruida, con Rui Patricio che si mette in evidenza. Il portoghese si esibirà in un’altra super parata due minuti più tardi, in opposizione al siluro dalla distanza calciato da Sinisterra, ma quella senz’altro più difficile è in opposizione alla staffilata di Malacia, deviata all’incrocio dei pali.

Tanto lavoro anche per il terzetto composto da Smalling, Mancini e Ibanez, con quest’ultimo determinante nel salvare ancora una volta il parziale con un’ottima chiusura in scivolata al 60′.

Mourinho vuole impedire con ogni mezzo l’assalto degli olandesi ed è disposto anche a togliere uno dei migliori in campo (Zaniolo) in favore di Veretout, oltre Zalewski al posto di Spinazzola. I giallorossi sprecano l’ultima opportunità a tu per tu per chiudere il match con capitan Pellegrini, che conclude sparando addosso a Bijlow; dopo cinque interminabili minuti di recupero la palla gol migliore per il Feyenoord viene sciupata dal subentrato Linssen da posizione regolare.

L’Europa è cosa da Special One

È arrivato a Roma da “bollito” e ne è uscito da vincente al fischio finale di Tirana, portando nella Capitale il primo trofeo europeo riconosciuto dalla Uefa, il primo di un club italiano dal 2010 (anno dell’ultimo triplete marchiato sempre da Mou con l’Inter). Un trionfo in finale che da queste parti non si assaporava dal 1961 con l’oramai dimenticata Coppa delle Fiere.

C’è un motivo se lo ‘Special One’ ha dichiarato in fase di vigilia che questa, per lui, era la partita più importante della sua carriera. Non perchè in palio vi fosse una coppa (di fatto) neonata, ma per tutta una serie di significati che si celano dietro quella coppa.

Il primo è un record assoluto, che nessuno potrà mai togliergli. Il portoghese, infatti, è il primo della storia a conquistare tutte e tre le massime competizioni europee per club Uefa (Champions, Europa e Conference League), per di più senza mai perdere le sue cinque finali disputate. Una prima volta anche per il club di proprietà dei Friedkin, che adesso può iniziare a coltivare una nuova mentalità vincente. Nello spazio di questi novanta minuti, Josè Mourinho ha consegnato dignità e stampo europeo a una società e una città che attendevano da troppi anni gioie così.

Una gioia incontenibile, che adesso si riversa per le strade di Roma nella notte piovosa dell’Olimpico, dei suoi dintorni e delle sue tante piazze. Una vittoria attesa, voluta, meritata e giocata contro degli avversari valorosi (macchiata solo dagli scontri avvenuti nelle ore precedenti al fischio d’inizio). Adesso, però, la festa può avere inizio, con la speranza che il meglio debba ancora arrivare…

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